Cene bagnate da lacrime di vino rompevano la calma di giornate senza gloria.
Non c’era niente che potesse dare tormento alla sua bianca esistenza. Se non il desiderio di rifugiarsi nel dolore.
Carne e vino a volontà. Passione e tentazione. Rabbia e maledizione masticate tra i denti e buttate giù con ardore.
Attimi di cristallo cancellavano la noia. Il cappio della contrizione affogava ogni errore.
Ingoiava giù, nel profondo dell’anima .
Il suo sorriso illuminava il canto. Le sue parole sorseggiavano pallori.
Si divertiva. Fingeva e derubava la vita. Era ciò che gli altri non avrebbero mai compreso.
Il frutto amaro di un incontro partorito senza tempo.
Uscì, lasciando l’oste tra i rumori della strada. Consegnando alla luna ogni attimo di quella sera.
Riaprì gli occhi. Sentì il suo corpo scivolare tra le luci del mattino. E l’aria gelida dei passanti rinnegare ogni comandamento divino.
Implorò aiuto. Chiese perdono. Inginocchiò i suoi pensieri alle mani della strada. Versò lacrime. Chiese silenzi.
Decise in fine di lasciare alla pioggia la totale indifferenza di chi non può chiedere per sempre.
Corse tra la folla. Diede all’alba i suoi sogni. Finì dove la voce non può ripetere di andare.
Fino a che, tra la rabbia e l’amore del vento, ebbe la possibilità di ricominciare.
Giurandolo ad ogni angolo della sua vita, lasciò passare tra le ombre della stanza l’ingrato amico di un mattino senza seta.
Roberta Di Sessa