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Murakami
“una semplice melodia si era messa a scorrere incessantemente nella sua testa. Soltanto dopo si rese conto che si trattava del Mal du pays, di Franz Listz. La tristezza senza ragione che il paesaggio infonde nel cuore degli uomini.
Il dolore al petto tornò a farsi sentire. Non era un dolore intenso adesso. Era piuttosto il ricordo di un dolore intenso. Non ci posso fare niente, pensò Tsukuru, sono tornato a essere vuoto come lo ero prima, tutto qui.
l’incolore Tazaki Tsukuru
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La mossa del matto
“Nessuno si mette alla scacchiera se non ha paura. Ci si siede lì per quello: per paura. E per provare a trovare un posto all’angoscia come si trova il posto migliore per difendere il proprio Re”.
#barbaglia # la mossa del matto
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La paura. Umberto Saba
“Nel mio cuor dubitoso sento bene una voce che mi dice: “veramente potresti esser felice”. Potrei, ma non oso.”
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Scappo fuori a cercare il caldo, a mischiarmi tra la gente che suda, a godere la notte di un’estate bollente che sfida e distende scoprendo il corpo al cielo. Scappo fuori a cercare l’acqua che sa’ di mare ma è citta’ corrente che brilla e ristagna, si riempie di odore e mi ricorda il porto ma non apre le vele. Scappo fuori dalla condizione che trasforma l’aria in un respiro affogato, dalle lenzuola stirate e fredde, dal cuscino intonato ad un sogno spento.
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Vita Azzurra
Azzurra è la distesa infinita che spalanca lo sguardo al mare. Azzurra è una mattina fresca e serena che parla il canto degli uccelli e muove le foglie senza ore. Azzurra è una barca a remi che trafigge il sole mentre il caldo dondola e tace. non c’è parola più dolce di un lento e silenzioso rumore. Azzurra è la vita che scalcia, trema, impazzisce e impera tra le gambe della notte materna, e fa della paura l’uomo che cresce solo, come un faro che sta ad illuminare.
21/06/2022
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26aprile
Buon viaggio- si dice buon vento- , il volume e’alto e la cambusa è piena e pieno è il porto che soffia sulle vele e il mare. Sale senza crescere mai, la nostra voglia di tempo è infinita, di albe sveglie siamo pieni e i piedi gonfi e i passi scalzi, istanti ubriachi. Veloci senza perdere niente, ci tuffiamo e andiamo.
Mentre calma di bianco e di pizzo ci lasci indietro scoperti e ci sorridi ché la morte è morta e fredda e presente ma non fa più paura. Ci stringi, preghi, mastichi e ceni.
Abbiamo navigato, bevuto, imparato e aspettato. Abbiamo tutti strappato e poi sorriso sfidando il dolore ad un bar delle ore che non volevamo chiudesse
prima dell’ultimo giro.
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“Forse le cose stanno esattamente così: quelli che vale la pena di amare veramente sono quelli che ti rendono estraneo a te stesso. Quelli che riescono a estirparti dal tuo habitat e dal tuo viaggio e ti trapiantano in un altro ecosistema, riuscendo a tenerti in vita in quella giungla che non conosci e dove certamente moriresti se non fosse che loro sono li e ti insegnano i passi e le parole e i gesti e tu contro ogni previsione sei in grado di ripeterli.”
A. Baricco, introduzione, Chiedi alla polvere.
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4/6/2021
così la morte diventa vita per una città di provincia piccola e sconosciuta che si sveglia bandiera nazionale di una storia dolorosa e messa in scena, di un egocentrico pettegolezzo pieno di lingue e tanto gusto sulle labbra insipide della gente. il silenzio sarebbe dovuto ma la voglia di sapere corrisponde a dire, dire a tutti i costi qualcosa, essere parte, recitare con le dita sulla tastiera, seduti comodi dietro allo schermo parlando di morte con la bocca piena e il telefono in mano. le pagine istantanee trasformano persino il lutto in un segnale vuoto e appariscente che resta per un attimo nero e poi cambia, sorride, apre le cosce all’estate, al vino, alla cucina stellata, al piatto fotogenico, al culo sodo e alla prossima acclamata opinione.
vestiti senza corpo, nudi dentro a una fotografia, parliamo di razzismo, di scienza, di cinema, di società, di peccati gravi e confessioni, di punizioni e comandamenti.
oggi è toccato a lui, domani farà caldo, sarà domenica, il meteo promette nuvole e un’estate torrida, c’è la prova costume, la sabbia bianca, la barca a largo e la bottiglia, la gita fuori città.
poi sarà alla musica, al cinema, alla televisione, alla fine penosa di qualche altra vita che affideremo la nostra celebrità.
sogni d’oro, andiamo a dormire e se la notte diventa insonne vale la pena sonnambulare nel nostro video formato cuscino, tra invisibili amici alzare colonne di consigli a puntini, chiudere la pagina con fama e popolarità.
non è il colore della pelle e neppure il profumo umido del deserto lontano a lasciarci affogare in questo mare, siamo troppo a largo. torniamo.
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Yoga- Emmanuel Carrere
“Se lasciate che affiori in voi stessi, ciò che avete vi salverà. Se in voi stessi non lo avete, ciò che in voi stessi non avete vi ucciderà. “
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Prima o poi la vita mi si mettera’ davanti e balzero’ per strada. Come un leone.
Haroldo Conti
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dopo le feste- julio cortazàr
E quando tutti se ne andavano
e restavamo in due
tra bicchieri vuoti e portacenere sporchi,
com’era bello sapere che eri lì
come una corrente che ristagna,
sola con me sull’orlo della notte,
e che duravi, eri più che il tempo,
eri quella che non se ne andava
perché uno stesso cuscino
e uno stesso tepore
ci avrebbero chiamati di nuovo
a svegliare il nuovo giorno,
insieme, ridendo, spettinati.
Julio Cortázar
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lunghe(langhe)
ci amavamo odiandoci, con stile. una questione di ritmo credo.
non c’è sempre una spiegazione a tutto e non è detto che il tempo sia galantuomo
a perire ero ancora io e a ferire lui, di spada e non di cuore, si intende!
eppure ricordo quegli anni in cui i nostri corpi avvinghiati erano carne
stare con lui mi appassionava piu’ di ogni cosa e credo che per lui fosse lo stesso
finchè il volume alto della televisione, i canali cambiati con isterica impazienza, la pancia sudata e nuda
anestetizzati dalle porcherie del mondo cercavamo a tutti i costi di restare svegli.
il mio fisico cedeva e la mente lo seguiva a picco
tra abusi e follie, pentimenti e bugie, sentii il mio corpo venire meno e vidi la mia faccia cambiare.
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nuovo paradiso- a domenico.
Oggi il mare si e’ congelato, il tramonto incenerito,
mi sento quasi imbarazzata mentre sono assorta in questo viscido dolore, pensando a chi con te stava crescendo la vita. ma ho la testa intasata dal tuo volto e dalla tua voce, da quel faccione e quella pancia gonfia che portavi con stile -comico- tra le sdraio e gli ombrelloni, invitando tutti gli ospiti a fare un brindisi, bollicine, un sorriso finendo per dimenticare. Milano e’ piccola per te- mi dicevi.
Meglio tenermi lontana da li.
ma dove sei andato? volevi nuotare? passeggiare?prendere aria? far passare la sbornia o portare con te la festa?
quel tappeto d’oro di sabbia e di stelle ora sarà eternamente nudo.
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ago/2019
Cambothai, le mani sul corpo, la strada puzza di riso fritto, la polvere si alza fresca, la lingua si sporca di un sapore nuovo.
Cambothai, il silenzio nel buio infinito, l’atterraggio sul mondo nudo, sorrisi muti e prolungati e zitti, dolcemente in piedi come fiori. Cambothai, la vita esplosa con le braccia in preghiera, le ginocchia chine sulle gambe incrociate e mutilate, i piedi scalzi tra le pozzanghere e i cocci, occhi, quelli, decisamente sacri. Ho calpestato la folla guardando in basso, con le spalle coperte e fino ai piedi. Cambothai, senza parlare, l’alito impastato dalle pentole grasse e mai pulite, mescolate da una vita, che te ne vai e resteranno lì.
Cambothai, lamette nella strada come mine ammaliatrici di gente assente, all’incontro coi cani che abbaiavano restando in gruppo, erano magri,pacifici, accoglienti, forse un po’ stanchi. Cambothai, il corpo teso verso l’ altezza, l’energia si distende, la stella cadente da’ un nome a tutto e illumina e spiega la più offesa scommessa.
Cambothai, tra le porte si va fino al Paradiso che pulisce e ricompensa ogni umana incertezza. Infine la spiaggia, bianca e festosa, universo di palme e acqua di cocco, che a dormire sotto le sue spalle di legno cigolante prendi il verso di un animale, diventi momentaneo, fermo, colorato, innocuo e pensatore.
Cambothai, le mani pesanti sul corpo piegato, gli occhi feriti fino al collo e alle orecchie. Il cuore non si ammolla e strizza al vento le parole sporche. Tutto si asciuga e riprende luce
di corallo bianco
non c’è nulla di brutto di fronte a quel mare.
“Veramente adulti non lo si diventa mai.”
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